«A Napoli gli omosessuali si dividono in due grandi categorie: i ricchioni e i femminielli. I primi sono persone uguali in tutto agli altri uomini, salvo il fatto che nelle relazioni amorose preferiscono il proprio stesso sesso, mentre i femminielli sono da considerare donne vere e proprie, spesso anche belle, che solo l’anagrafe continua a classificare come maschi.»
La guida eccelsa di Luciano De Crescenzo è sempre apprezzabile ma in questo caso, davvero, è superflua. Siamo in una magnifica cultura in cui il femminiello è storia, vita, cuore pulsante.
Non abbiamo davanti un travestito ma, se mai, il suo precursore. Una figura quasi leggendaria di cui godere è un privilegio. Sublime, nella sua sensuale diversità. Praticamente perfetta, per i sogni erotici. Una creatura dotata di doppie virtù, l’amante di una libera fantasia piena zeppa di brividi.
Mentre il mondo degli ultimi anni si accorge che l’elenco sotto l’acronimo LGBTQI (Lesbian, Gay, Bisexual, Transgender, Queer, Intersexual) tende ad allungarsi sempre di più e la fluidità sessuale tende felicemente a imporsi come ordinaria variante naturale, il femminiello si scopre anni luce avanti. Fuori dagli schemi mentali e per nulla schiavo delle convenzioni.
Certo che sono in qualche modo sacri e beneauguranti, incarnano un’irriverenza coraggiosa e allegra, sono l’espressione eccitante di una sessualità che se ne infischia del conformismo, hanno l’anima intensa e colorata della libidine.
Belli di esuberanza, belli di procacità.
Non vedo l’ora di buttarmi a capofitto nel mondo LGBTQI per annusarne tutte le sfumature, per addentrarmi con voi nei meandri delle loro golose occasioni, per raccontare i risvolti di molte avventure di confine. Ma non ho potuto farlo ora. Dovevo prima un omaggio appassionato a questa tradizione delle meraviglie di straordinaria popolarità.
Il femminiello è il fascino indecente della più clamorosa decenza. Qualcosa che trascende le categorie, le attraversa, le esalta. Una botta di umanità.
Oggetto di desideri e beato degustatore di attimi di fuoco, conserva il segreto di una vocazione primitiva, una miscela misteriosa di sensi gaudenti e un tesoro di maliziosa avvenenza.
Non trasgredisce, vive la sua deliziosa e prorompente essenza. Prende l’erezione del piacere con lo spirito giocoso delle anime candide. Profuma di vicoli, bisogni e pulsioni. Raccoglie l’alito delle impellenze, è la bocca ospitale dei sussulti di virilità.
Il corpo non è un suo limite. Fa di performance, femminilità! Questa è la sua forza, il suo straordinario appeal, il suo scabroso potere.
Femmenella. Questo è, una femmenella. Una maga, una fata.
E loro, i voraci estimatori, non hanno un cattivo costume ma un pensiero aperto. Fremono. Fremono di una voluttà che la femmenella appaga, lieta.
No, non devono scomparire. Non possono scomparire. Sono uno spaccato di delizia autentica, così intrigante e verace da essere patrimonio inestimabile.
Napoli, 3 gennaio 2020
Pino Daniele, Rino Zurzolo, James Senese, Tullio De Piscopo, Joe Amoruso, Tony Esposito. La superband (1981)
e quando arriva mezzanotte
va a faticà’
ma che peccato ca è nu poco ricchione
ha cominciato col vestito della sorella
pe pazzià’
e vo’ essere na signora
crede ancora all’amore
sogna la vita coniugale
ma per strada poi sta male
perché si girano a guardare
s’astipa ‘e sorde pe ll’operazione
non ha alternativa
solo azione decisiva.
E mi chiamerò Teresa
scenderò a far la spesa
me facce crescere ‘e capille
e me metto ‘e tacchi a spillo…