Cosa ci fa impazzire nella letteratura erotica? Il libero arbitrio dell’immaginazione.
Il letto in effetti è l’unico posto in cui la lingua più è zozza più è virtuosa.
Tiratela fuori dunque, la lingua, quella sporca.
Morsicatevela, però, se qualcuno proprio mostra di non gradire.
Normalmente incendia testa e parti basse. Eccome se le incendia.
Spogliatevi dei panni di dame e cavalieri e tirate fuori la porca e il bad boy che è in voi. Con la lingua realizzate il sogno che morite dalla voglia di confessare: quello di essere una pornodiva o uno stallone. Prendetevelo tutto, il trionfo del vocabolario. Le parole devono essere spinte, fino a far schizzare il piacere.
Le parole tirano e lubrificano.
Siate generosi e golosi, delle sensazioni che scatenano.
Il linguaggio del sesso è la prima forma di sesso orale, no? Diglielo, che si muove come una cagna in calore. Annunciale pure che stai per infilarle il cazzo nel culo. Diglielo, che vuoi te la lecchi bene e ti faccia godere.
Di più. Ancora di più. Nello slang esclusivo che il momento sollecita. Il dirty talking è l’orgasmo della bocca. Riempitela di sesso e vi bagnerà di soddisfazione. Non dovete fare il verbale della riunione di condominio, dovete scatenare l’arte degli oratori che rendono le atmosfere bollenti.
Cosa funziona da scioglilingua? Bastano i pensieri, quelli veri. Quelli che ci facciamo davanti al nostro porno preferito. Quelli che ci facciamo quando ci rendiamo felici da soli. Non ci inventiamo niente che non sia già nel lessico delle nostre smanie mentali e carnali.
Il senso della misura? Non c’è un metro, ci sono come al solito le nostre antenne pronte a captare le reazioni del corpo, dello sguardo…e delle frasi che scateniamo.
Basta gettare il primo sexy amo per capire come andrà a finire. Comunque non sta scritto davvero nel dizionario di alcun idioma che provocante e afrodisiaco significhi necessariamente volgare…E, d’altra parte, la favella aiuta ma non compie il miracolo: un buon sesso è un sano realismo, promette poco e mantiene molto.
Naturalmente attenzione! A non dover mai essere sboccato è il tempo sbagliato. Mi spiego meglio? Non fa di noi prodi animali da alcova sbracare grezzi approcci linguistici fuori dal timer della complicità. Con le donne sempre prima il mazzo di fiori e dopo l’audace repertorio della lingua che eccita.
Lui era uno di quegli uomini che aveva speso buona parte della sua vita rincorrendo la letteratura. Aveva cercato di appiccicare sopra alla sua di vita quella dei personaggi di cui si era riempito l’anima a forza di letture. Che, poi, è chirurgia estetica pure quella. Lo sguardo va appresso all’anima e muta anche senza botulino. Lei, invece, era in fuga dalla letteratura che voleva somigliarle. Perché della sua di vita ogni brandello era buono per un nuovo capitolo di un nuovo libro.
Quando i due incrociarono i loro destini, a lui parve di aver trovato finalmente il capitolo giusto dove il passo avrebbe potuto procedere, pari pari, con l’inchiostro, e le svolte con i ritorni a capo. Certo, di tanto in tanto, bisognava abbassarsi per passare attraverso i due punti e, a volte, era giusto frenare l’entusiasmo prendendosi qualche pausa rispettando virgole e punti. Quella buona educazione, insomma, che la letteratura insegna alla vita per tramite di punteggiatura. E lei, lei aveva deciso che fosse giusto concedersi un momento di riposo. Si era tolta le scarpe, dal tacco altissimo, e aveva messo finalmente i piedi, che avevano saltato tante pozzanghere di lacrime, in una bacinella di acqua tiepida. Aspettava.
Quando lui fu finalmente a tiro di rigo la salutò festoso, con la lingua a penzoloni per la lunga corsa editoriale. Ne venne fuori un dialogo, ai più, incomprensibile. Proprio come quello tra il gatto e il topo dei fumetti.